Ultimo aggiornamento 18 Maggio 2022
L’INTERVISTA
pubblicata sul magazine Paspartu 16 gennaio 2014
Tre personaggi ricordano il compositore Giancarlo Bigazzi, “il geniaccio della canzone italiana”.
Aleandro Baldi, noto cantante e musicista, Franco Zanetti, storico della canzone italiana, Antonio Dipollina, critico televisivo del quotidiano La Repubblica.
Li abbiamo incontrati nell’ambito della IX edizione della rassegna culturale “Viareggio Incontri”, un evento che, sulla terrazza del Caffè Il Principino di Viareggio, ospita nel corso dell’estate personaggi di chiara fama.

D: Franco Zanetti, a lei che è uno storico della canzone italiana, chiediamo: Giancarlo Bigazzi era “il geniaccio della canzone italiana”?
FZ: Se vogliamo usare la parola “cantautore”, certamente è stato uno dei più grandi cantautori della canzone italiana. Ma se vogliamo usare la parola “paroliere”, è stato probabilmente il più grande dei parolieri. Paroliere è una terminologia che è caduta un po’ in disuso, ma che Giancarlo rivendicava come precisa espressione dell’attività che faceva lui, pur essendo anche un musicista. Le sue opere più grandi sono quelle di cui ha scritto le parole e quindi era fiero di essere definito paroliere, un artigiano della parola.








Sono Cinzia.
Faccio – con calma! – la giornalista e la blogger, con un occhio attento alla socialsfera.
Amo intercettare e raccontare persone, personaggi e luoghi da scoprire attraverso le interviste, che chiamo scherzosamente “torture”!
Sono appassionata di tecniche e interventi mirati a dare visibilità, come ad esempio la tortura personalizzata o il corretto uso dei social.
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D: Oggi è difficile essere paroliere e compositore in generale di musica?
FZ: Non è più difficile di un tempo, è più difficile forse farsi conoscere nel mondo della musica e dell’industria musicale, perché quello è cambiato tutto completamente. La figura del paroliere, in particolare, non esiste quasi più, perché ormai non c’è quasi più la suddivisione classica canonica che c’era all’inizio degli anni Sessanta, tra chi scrive le parole, chi scrive la musica, chi arrangia, chi produce, eccetera eccetera. Un po’ tutti fanno tutto. Abbiamo tutti un po’ di rimpianto per i tempi in cui i ruoli erano nettamente definiti e ognuno faceva benissimo il proprio mestiere. Adesso tutto è un po’ mescolato e quindi forse è più difficile, perché è difficile specializzarsi ed emergere in un ambito specifico.
“Le sue opere più grandi sono quelle di cui ha scritto le parole e quindi era fiero di essere definito paroliere, un artigiano della parola” (Franco Zanetti)
D: Quale consiglio potremmo dare a un giovane che si vuole avvicinare al mondo della musica?
FZ: Dipende dalla strada che intende seguire. Se vuole farsi notare e farsi vedere come interprete puro, i talent show in questo momento sono la strada più veloce, anche se, essendoci tantissimi che vorrebbero partecipare e pochissimi posti, la difficoltà è passare il setaccio, il vaglio. Chi si volesse affermare come autore invece, in questo momento, ha più opportunità, basta che non sbagli indirizzo, cioè che non si rivolga alle case discografiche, ma che si rivolga agli editori musicali che sono quelli che, per mestiere, per professione, devono occuparsi di promuovere la scrittura di nuove canzoni e, possibilmente, belle canzoni.




D: In fatto di promozione, Internet è amico o nemico della musica?
FZ: Internet è amico della diffusione della musica, è stato vissuto come un nemico dell’industria musicale che non ha capito, quando era il momento di capirlo, che avrebbe dovuto allearsi al nemico, anziché contrapporsi a Internet come ha fatto per tanto tempo. Adesso la musica non è più percepita come qualcosa per cui valga la pena di spendere dei soldi, perché la si trova gratis, arriva gratis in qualsiasi modo. Alcune vie sono lecite, altre sono illecite o illegali, ma insomma la musica è in giro dappertutto e non la si paga. Certamente c’è molta più musica da ascoltare adesso rispetto a un tempo, è molto più facile e gratuito ascoltarla adesso. Allo stesso tempo, questa facilità ha determinato una riduzione della percezione del valore della musica: è sempre più difficile trovare chi voglia pagare per godere della musica.
“Internet è amico della diffusione della musica” (Franco Zanetti)
D: Antonio Dipollina, lei è giornalista e critico televisivo de La Repubblica. Tramite i talent show, la musica in televisione si è ritagliata uno spazio. È meritato?
AD: I talent si sono ritagliati uno spazio in maniera assolutamente meritata. C’è un problema generazionale. Chi ha la mia quasi veneranda età, ricorda cosa poteva essere stata la musica tanti anni fà in tv, nei programmi storici o negli spettacoli leggeri di intrattenimento. Chi ha la mia età, qualche rimpianto lo trova e il talent show non lo capisce più di tanto, ricordando cosa era la qualità della musica, l’intensità, la forza dei personaggi. Non è nostalgia, è proprio che ritengo che ci siano stati due, tre decenni veramente irripetibili da questo punto di vista.




D: Oggi comporre musica è più facile o più difficile?
AD: Io credo che sia infinitamente più difficile. Il discorso dei decenni che facevo prima è che sono stati forti e importanti perché si è arrivati quasi dal nulla, da un pregresso fatto solo di melodia, e si è potuto inventare il rock, il pop, il jazz, il blues. Il dubbio adesso è che sia stato già scritto tutto, o quasi. Quello che si fa ora è un po’ rimasticare cose già sentite. Chi ha 50 anni adesso ed è appassionato, sa quello che dico: sente una canzone di oggi e gli sembra di averla già sentita in passato. Buon per i giovani, che non hanno questo problema!
“Il dubbio adesso è che sia stato già scritto tutto, o quasi” (Antonio Dipollina)
D: È stato inventato tutto o c’è ancora qualcosa da inventare?
AD: I giovani riprendono musiche dal passato. Non so se c’è ancora qualcosa di nuovo da inventare, ma se qualcuno lo inventa domani, io sono la persona più felice del mondo!




D: Il Festival di Sanremo è ancora un punto di riferimento?
AD: È un punto di riferimento, una macchina di estrema potenza, ma per quella settimana. Le ultime edizioni sono state abbastanza di livello, però il sistema non è più quello di una volta, per cui le canzoni di Sanremo duravano fino all’estate o fino all’anno dopo o le più belle si cantavano anche nei decenni successivi. È una specie di esplosione fortissima di una settimana, che spesso non delude, ma è davvero troppo concentrata rispetto al passato e dal giorno dopo quasi non c’è più. Non vorrei fare il solito discorso, ma chi ricorda le edizioni del passato rimane un po’ sconcertato, ma poi ci si fa una ragione anche di questo.
D: Aleandro Baldi, un ricordo di Giancarlo Bigazzi?
AB: È difficile pensare a un ricordo. Tutte le volte che canto, per me è il ricordo di Giancarlo Bigazzi, perché se non ci fosse stato lui, come cantante e autore non sarei esistito. Più ricordo di così penso non ce ne sia!




D: Cosa è per te la musica?
AB: La musica è un modo per esprimermi. La musica e il canto sono un vero accompagnamento per la vita.
D: C’è una canzone preferita?
AB: Delle mie canzoni, quella che deve ancora arrivare. Di quelle di Giancarlo, tantissime, mi perderei nella scelta e penso sia anche un peccato scegliere.




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