Ultimo aggiornamento 10 Agosto 2023

Un itinerario a piedi alla scoperta del Porto di Viareggio, che potete ripetere seguendo passo passo questo articolo!

Nel 2018 ho fatto, accompagnata da Serena Fappani, questo viaggio attraverso il Porto di Viareggio, tra storia e indicazioni pratiche, che riprendo e vi propongo perché è ancora attuale

Si parte dalla Torre Matilde

La costa, fin dai tempi dei Romani, arrivava al livello dell’attuale via Aurelia.
Il territorio retrostante, malsano e paludoso, era chiamato Selva Regia quando i Lucchesi nel 1171 lo acquistarono dal signorotto Truffa Mezzolombardo. E così Lucca ritenne opportuno erigere una torre sulla spiaggia a difesa del territorio appena acquisito.

La storia di Viareggio nasce proprio da qui, nel 1172, con la costruzione della prima torre in legno costiera e della prima strada tracciata per congiungere Montramito alla marina.
La torre di legno verrà poi spostata seguendo il ritrarsi della linea costiera con la realizzazione di un mastio pentagonale, muro di cinta e torrione: la Torre Matilde, eretta nel 1534.

Il nucleo di Viareggio è qui: un piccolo borgo stretto all’ombra di questo edificio un po’ rude, denominato all’epoca Torre dell’Orologio (che si trovava sulla sua sommità) o La Carbonaia.
Pochissimi gli abitanti che vivevano in questa terra malsana, che rappresentava tuttavia l’unico sbocco al mare della Repubblica Lucchese. Fu proprio Lucca che inviò un Commissario di spiaggia per regolamentare la vita pubblica del piccolo borgo e gestire i commerci lungo il canale, l’autentica via di collegamento con il mare.

La storia di Viareggio nasce da qui, nel 1172, con la costruzione della prima torre in legno costiera

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Sono Cinzia.
Faccio – con calma! – la giornalista e la blogger, con un occhio attento alla socialsfera.
Amo intercettare e raccontare persone, personaggi e luoghi da scoprire attraverso le interviste, che chiamo scherzosamente “torture”!

Sono appassionata di tecniche e interventi mirati a dare visibilità, come ad esempio la tortura personalizzata o il corretto uso dei social.
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Si prosegue lungo il Burlamacca

Il canale, erroneamente definito Burlamacca (il vero nome è Fosso della Selice; il Burlamacca è il ramo emissario del Lago di Massaciuccoli prima che sfoci in mare disegnando un angolo), fu quindi il motivo principale per cui la potente Lucca segnò il destino di un borgo denominato anche Terra del Diavolo per le condizioni di vita durissime.

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La costa era soggetta a frequenti saccheggiamenti, i vascelli barbareschi facevano continue incursioni, tanto che fu necessario sbarrare la foce del canale con una catena durante la notte per impedirne l’accesso. Inoltre si verificavano spesso epidemie pestilenziali.
Ciononostante il governo lucchese si impegnò per rendere coltivabili i terreni, si preoccupò di allargare la via di Montramito per facilitare il collegamento con Lucca e rendere più sicura la via mettendola sotto la protezione dell’Imperatore Federico Barbarossa.

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Burlamacca

Si arriva alla Darsena

Viareggio, il cui nome deriva appunto dall’antica “via regis”, che collegava il borgo a Lucca passando per la più ampia via di Montramito, era un popolo di contadini, pastori e marinai.

La storia della marineria inizia forse attorno al 1620, quando Lucca fa arrivare da Genova, sua alleata contro Pisa, tre velieri con 21 navigatori esperti per insegnare ai viareggini, le cui condizioni di vita erano ostiche, un mestiere per poter tirare avanti.

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Nel 1606 intanto era stata realizzata la prima “calata”: un’antenata della futura Darsena prospiciente la Torre Matilde.
Ed è proprio per permettere all’Imperatore Carlo V, approdato sulla costa viareggina nel 1541, di raggiungere a Lucca Papa Paolo III, che viene realizzato il primo embrionale molo lungo 60 braccia (circa 40 metri) in palizzata lignea e punteruolo e che dieci anni dopo, sotto la direzione di due ingegneri, sarà convertito in muratura.

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Così nacque il primo progetto, tra i numerosissimi presentati nel corso del secolo, per la realizzazione, miglioria e ampliamento del Porto di Viareggio, con tutti i relativi problemi che comportò una simile opera e che si rivelarono fin dall’inizio, prima di tutto l’insabbiatura della sua foce e il formarsi di una barra di sabbia e detriti portati dal fiume Serchio che impedisce l’ingresso alle navi di dimensioni più importanti.

I due moli attuali sono perciò il risultato di continue modifiche e prolungamento dei due bracci che racchiudono il canale, con le sue 6 Darsene laterali (Lucca, Toscana, Italia, Europa, ex Impero e darsena Nuova o Viareggio e l’avamporto) con l’annoso problema dell’erosione della Draga per escavare il fondo del porto-canale e gettare la sabbia in eccesso come rimpascimento della spiaggia a nord, quella maggiormente interessata dall’afflusso turistico.
Tra i vari progetti degni di rilevanza, quello del 1735 del matematico veronese Zendrini, che, nonostante la sua validità, non fu realizzato.
Fu reso operativo invece quello dell’onorevole Montauti del 1907.

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Si arriva così all’epoca dei grandi velieri

Dal momento della creazione della prima vera e propria Darsena, la Darsena Lucca, è tutto un crescendo di mestieri legati all’arte marinaresca, si istituisce la Lega dei Maestri d’Ascia e Calafati, sorgono nel quartiere “di là dal molo” fonderie, le prime velerie in cui lavoravano soprattutto le donne, ebanisti, bozzellai, tornitori e soprattutto i grandi costruttori i cui eredi hanno proseguito l’antica vocazione: i Raffaelli, i Bargellini, i Pasquinucci, i Benetti e i Codecasa tra gli altri, artefici di tartane, navicelli, bovi e dal 1860 dei veri capolavori del legno barcobestia, brigantini, golette.

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Natino Celli rivoluziona così la linea dei brigantini rendendoli sgallettati, cioè con la prua più alta e pronunciata della poppa.
Tra il 1871 e 1873 viene realizzata la seconda Darsena, denominata Toscana.
Tra il 1903 e il 1907 nasce la terza Darsena, Italia, e nel 1932 circa la quarta, detta Impero, successivamente Europa.
È qui che possiamo visitare la Banchina Fucile, concessione dagli anni ‘50 di Michelangelo Fucile, trasferitosi nel secondo dopoguerra a Viareggio dopo aver conosciuto e sposato quella che al suo fianco diverrà una delle prime donne imprenditrici della nautica moderna, Lelia Frosali.

Una fermata al Museo della Marineria

Nucleo centrale dell’itinerario, la visita al Museo della Marineria.
Nato da un progetto già del 1920 nella sede del vecchio Mercato Ittico, vede la luce definitivamente nel 2006, grazie anche ai materiali raccolti e inviati dal Museo di Quiberon, in Bretagna.

Una pagina importante della storia di Viareggio, una delle più gloriose, è qui conservata

Il Museo è infatti dedicato ad Alberto Gianni, uno dei tre palombari morti durante l’esplosione del primo Artiglio, una nave da recupero relitti sommersi saltata in aria il 7 dicembre 1930 durante la manovra di smantellamento di una nave affondata in un canale della costa bretone.

Nelle sale del Museo sono esposte le incredibili attrezzature utilizzate dai palombari dell’Artiglio per calarsi a oltre 70 metri di profondità, gli scafandri pesanti quasi 4 quintali in ferro costruiti in Germania, le scarpe piombate e altri oggetti recuperati dal relitto esploso dell’Artiglio.

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Inoltre alcune delle invenzioni di Gianni, come la torretta di controllo che sostituì gli ingombranti scafandri nel ruolo di occhio e braccio della nave da recupero.
E ancora modellini in legno delle imbarcazioni più belle uscite dai cantieri viareggini dalla metà dell’800, attrezzi dei Calafati e costruttori, oggetti recuperati sul fondo degli oceani e la celebre bandiera rossa della Lega Maestri d’Ascia e Calafati rubata durante le sommosse del 1921 da un gruppo di fascisti e il cui scontro per il regolamento di conti costò la vita ai calafati Nieri e Paolini.

…E nello spiazzo antistante il Museo

La nostra visita prosegue lungo lo spiazzo antistante il Museo, dove sono esposti il timone e l’elica originali proprio appartenuti all’Artiglio giacente sul fondo dell’oceano, per poi dirigerci lungo la via Coppino costeggiando le suddette Darsene realizzate nel corso del ‘900.

Come enormi ventri che partoriscono gli yacht pronti ad andare per mare, sorgono i cantieri Benetti-Azimut, Perini, Picchiotti, Codecasa e tanti altri.

Tra il 1920 e 1930 l’industria della nautica subì purtroppo una vera e propria crisi dovuta all’avvento della macchina alternativa in luogo della vela e dell’acciaio in luogo del legno.
Gli armatori, con esigenze sempre al passo con l’evolversi delle tecniche più all’avanguardia, si rivolgono a cantieri già convertitisi ai materiali innovativi e solo nel 1941, in ritardo netto con il resto del mondo, i costruttori viareggini varano il primo yacht in ferro.
Ben presto tuttavia ci sarà la ripresa.

La visita termina al Cantiere Francesco Del Carlo

Il cantiere in cui si conclude la visita è molto particolare, poiché si tratta del Cantiere Francesco Del Carlo, attivo dal 1963, il cui figlio Guido, uno degli ultimi autentici Maestri d’Ascia, ci accompagna in un vero e proprio viaggio nel tempo, raccontando curiosità, aneddoti e anche particolari tecnici riguardanti il restauro di imbarcazioni in legno, in genere pregiati teck e mogani.

Sono ospitate nel suo capannone un’imbarcazione risalente al 1913 che mostra in maniera dettagliata i particolari del restauro dello scafo interamente ligneo e la piccola lancia in legno appartenuta a Mario Tobino (al momento esposta al Museo della Marineria), i cui eredi hanno affidato a Guido e al suo team i lavori prima di esporla al pubblico.

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Lancia di Mario Tobino
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Lancia di Mario Tobino

Ringrazio per la collaborazione al testo Serena Fappani, che mi ha accompagnata e guidata in questa meravigliosa visita, spiegando tutti i dettagli riportati in questo articolo

Chi è Serena Fappani

serena fappani

Serena Fappani si è laureata in storia dell’arte contemporanea all’Università di Pisa. È docente di lettere e istruttrice di nuoto da oltre 20 anni. Ex studentessa del professor Franco Anichini e nipote del pittore Elios Lippi, si è appassionata fin da giovanissima alla storia di Viareggio e ha condotto molti tour alla scoperta delle sue bellezze artistiche. Oggi si dedica ai suoi alunni, mostrando loro in giro per la città angoli suggestivi e raccontando curiosità e aneddoti del luogo in cui vivono.

L’itinerario è stato possibile – nel 2018 in cui è stato realizzato – grazie alla collaborazione tra Art&Fit di Serena Fappani e l’Associazione Ville Borbone e Dimore Storiche della Versilia. Al momento la collaborazione non è più attiva.

FOTO DI CINZIA DONATI

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