Ultimo aggiornamento 18 Maggio 2022

L’INTERVISTA
pubblicata sul magazine Paspartu 16 gennaio 2009

Quando si parla di persone eclettiche…! Luca Ramacciotti ne è un esempio calzante.
Una persona che ha tante passioni e che è riuscita a sviluppare ognuna di esse in modo che, a conti fatti, definire con un’unica parola quale sia la sua professione è veramente difficile…
Abbiamo provato ad inquadrarlo con questa intervista, ma ovviamente lui è un artista, perciò due pagine non bastano. Diciamo che questo è un “riassunto”…!

luca ramacciotti 2

Dove e quando sei nato?
A Viareggio, il 30 settembre 1969.

Dove vivevi da bambino?
A Lido di Camaiore.

Che scuole hai frequentato?
Vuoi sapere in cosa sono diplomato oppure le scuole che effettivamente ho frequentato?

Sono tante?
Mah… Ho frequentato il Liceo Scientifico, un anno di I.T.I. e poi ho preso il diploma magistrale da privatista. Poi mi sono laureato in Lettere Moderne e Discipline dello Spettacolo.

Da bambino dicevi che “da grande” avresti fatto…?
L’attore. La mia fissazione era il teatro di marionette.

Era una passione ereditata da qualche familiare?
Sì. Mio nonno materno faceva teatro amatoriale. Poi in casa mia tutti sono appassionati di opere liriche.

Qual è stato il tuo primo lavoro?
Ho fatto il sommelier per l’A.I.S. (Associazione Italiana Sommeliers) e il cameriere in un bar a Forte dei Marmi.

Ora invece che lavoro fai?
Regista e scenografo ikebanista.

Quali sono le esperienze più significative nel campo della regia?
Come regista, mi sono occupato del concerto inaugurale per il “Premio Versilia”. Come assistente regista e ufficio regia, per il Festival Puccini, citerei “Tosca” di Beni Montresor, “Madama Butterfly” di Vivien A. Hewitt, “La fanciulla del West” di Ivan Stefanutti, “La Rondine di Lorenzo Amato, “La Bohéme e “Turandot” di Maurizio Scaparro.

Hai lavorato anche fuori dall’Italia?
Sì. In Germania, in Francia, in Messico.

Da assistente di regia passeresti volentieri a regista?
Diciamo che per registi come Ivan Stefanutti o Maurizio Scaparro, farei l’assistente a vita, perché sono persone splendide da cui avrei sempre da imparare…

Come regista, cosa ti piacerebbe fare?
Giacomo Puccini è il compositore che amo più di tutti, perciò mi piacerebbe curare la regia del “Trittico”. Poi mi piacerebbe anche curare “L’Orfeo” di Monteverdi.

Tra gli artisti con cui non hai ancora lavorato, con chi ti piacerebbe lavorare?
Tra i registi con Ugo De Ana e tra i cantanti con Placido Domingo e Mirella Freni.

Che lavoro fai?
“Regista e scenografo ikebanista”

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Sono Cinzia.
Faccio – con calma! – la giornalista e la blogger, con un occhio attento alla socialsfera.
Amo intercettare e raccontare persone, personaggi e luoghi da scoprire attraverso le interviste, che chiamo scherzosamente “torture”!

Sono appassionata di tecniche e interventi mirati a dare visibilità, come ad esempio la tortura personalizzata o il corretto uso dei social.
Contattami! oppure guarda i miei servizi qui

Per strada ti riconoscono?
I creditori sì! A parte gli scherzi… Dopo il ruolo che ho interpretato in “Carabinieri 7”, dove ero il capo carrozziere Paolo Ticconi, mi hanno riconosciuto in un paio di negozi.

Il ruolo in “Carabinieri 7” l’hai fatto per lavoro o per divertimento?
È stato un divertimento, anche se un piccolo ruolo è un lavoro. Ero andato a fare il provino per le comparse, poi ho fatto un secondo provino recitando qualche battuta, poi mi hanno richiamato per il piccolo ruolo che appare in tre puntate.

Ti piacerebbe essere riconosciuto per strada?
Non me ne importa… Anzi: mi creerebbe imbarazzo!

Tra le varie “comparsate” che hai fatto, qual è la tua preferita?
Mi sono divertito tanto sul set del film su Mario Tobino, “Sulla spiaggia e di là dal molo” di Giovanni Fago, perché c’era veramente un bel clima…

Ma fare la comparsa è un lavoro?
Io ho iniziato da lì per divertimento, però direi che fare la comparsa a Torre del Lago per le opere pucciniane mi è servito per capire come è l’ambiente lirico, per vedere come funzionano le cose e per conoscere di persona registi e attori. Partendo dallo scalino più basso, in tutte le cose, si riesce a vedere come lavorano gli altri e a capire se una professione ti piace oppure no.

Un sogno nel cassetto?
Curare la regia per un’opera diretta da Riccardo Muti.

Perché proprio lui?
Perché quando ero più giovane e stavo studiando, scrissi a diversi teatri chiedendo di poter assistere alle prove, per motivi di studio. Scrissi veramente a tantissimi teatri e nessuno mi rispose. L’unico fu lui, che mi fece assistere alle sue prove alla Scala, cosa molto difficile che accada! Muti da sempre aiuta i giovani.

Sei anche scenografo ikebanista. Di cosa si tratta?
L’ikebana è l’arte giapponese di composizione dei fiori, basata sulla filosofia zen. Nel Medioevo giapponese era un’arte riservata ai samurai.

Che attinenza ha quest’arte con il tuo lavoro di regista e scenografo?
Tempo fa ho lavorato con lo staff di Sakai alla realizzazione della “Madama Butterfly”. Alcuni colleghi giapponesi mi chiesero qualche lezione di italiano e mi incuriosirono perché spesso tra loro parlavano di “ikebana”. Poi all’Istituto di Cultura Giapponese a Roma, tra i vari workshop, ce n’erano due di ikebana. Così ho partecipato a quello della scuola Sogetsu. Ho scoperto che il fondatore di questa scuola era anche scenografo e che aveva curato la scenografia proprio di una “Turandot”. Mi piacerebbe portare l’ikebana nel campo della scenografia, come già fanno in Giappone.

Qui in Italia si può fare, secondo te?
Sì. Io ne ho realizzata una per il “Premio Versilia”, una per una mostra ad Ariccia e una per la Biblioteca Pier Paolo Pasolini di Roma. È fattibile: si utilizzano principalmente vegetali, come fiori e rami, poi anche altri materiali plastici. In Italia è conosciuta più come arte per la composizione dei fiori e non per la scenografia. Ma secondo me si divulgherà. Ha delle basi che servono per il lavoro di scenografo: si studiano le forme, le dimensioni, i contrasti di colore…

Cosa fai nel tempo libero?
Se posso, viaggio.

Come ti vesti?
Per le prime l’eleganza è d’obbligo. Per il resto mi vesto normale…

Hai qualche hobby?
Collezionare libri e Swarovski.

Che musica ascolti?
Tutto, tranne heavy metal e jazz.

Sai cucinare?
I dolci… Ma diciamo che sopravvivo…

I tuoi ristoranti preferiti in Versilia?
“Emilio e Bona” a Lombrici di Camaiore. Però il mio ristorante del cuore era la vecchia gestione di “Tito del Molo” a Viareggio.

“Mi piacerebbe portare l’ikebana nel campo della scenografia”

Ami fare l’aperitivo, o meglio cenare con l’aperitivo?
No. Semmai preferisco un buon tè, ma me lo devo fare da solo perché sono fissato… Una volta ho partecipato ad una suggestiva cerimonia del tè. Poi anche ad un gioco di società in cui ti facevano degustare incensi!

Allora qual è il tuo tè preferito, da intenditore?
Il tè verde in generale.

Il luogo più bello della Versilia?
Pietrasanta, anche se il Molo di Viareggio è sempre il Molo di Viareggio! Poi il Belvedere Puccini a Torre del Lago, anche se sembra un po’ trascurato…

Quando sei lontano dalla Versilia, cosa ti manca?
Il mare. Ma viaggiando ho scoperto che Nizza è la città ideale per me: ha la vitalità di Roma e c’è il mare.

Un personaggio versiliese che stimi in particolare?
Nicola Luisotti, il direttore d’orchestra. Mi piacerebbe conoscerlo.

Sei religioso?
Molto.

Destra o sinistra?
Attualmente in Italia credo che non ci siano più i partiti, quindi sto a vedere…

Matrimonio o coppia di fatto?
Essendo single, direi single! Ma visto che in Italia non vedremo mai le coppie di fatto legalizzate, allora direi matrimonio.

Un tuo vizio?
La cioccolata amara e di qualità. Vizio che per ora ho sospeso perché sono a dieta!

Un pregio?
Sono sincero.

Un difetto?
Non sono diplomatico.

Una paura?
I ragni mi fanno ribrezzo. Ma una paura seria è scoprire di avere una malattia grave.

Ricevi complimenti per…?
Per il mio lavoro di ikebanista e di regista. La soddisfazione più grande è rimanere in contatto con le persone con cui ho lavorato, staff e artisti, anche dopo lo spettacolo, perché vuol dire che ho lavorato bene.

Ricevi critiche per…?
Mi dicono che sono troppo diretto nel dire le cose.

Il miglior consiglio che tu abbia mai ricevuto?
Il primo regista con cui ho lavorato, Beni Montresor, mi disse che un regista deve sempre ricordare che un’idea può essere bellissima, ma se il pubblico non la recepisce vuol dire che non ha lavorato bene.

Progetti futuri?
Non si dicono per scaramanzia! In genere, ce ne sono sempre tanti, specialmente nel mondo dello spettacolo, ma per vari motivi ne va in porto solo una minima parte.

Una speranza per il domani?
Spero che aumentino i finanziamenti per il teatro e, più in generale, che in Italia si legga di più.

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Chi è Luca Ramacciotti

Regista lirico e teatrale, assistente di regia per svariate opere pucciniane (“Turandot” di Maurizio Scaparro, “La Rondine” di Lorenzo Amato, “La Bohéme” di Maurizio Scaparro nella produzione per il Messico, “Tosca” di Mario Corradi, “La fanciulla del West” di Ivan Stefanutti, “Madama Butterfly” di Vivien A. Hewitt, “Tosca” di Beni Montresor), preparatore di ruolo per cantanti (Renata Lamanda per “Macbeth”, Mariella Guarnera per “Carmen” e Alice Quintavalla per “La Bohéme”), apprezzato scenografo ikebanista (ha studiato alla scuola Sogetsu di Tokio), ideatore di spettacoli, attore (lo abbiamo visto nel ruolo del capo carrozziere Paolo Ticconi nella fiction “Carabinieri 7” e, come figurante, in “Incompreso” di Enrico Oldoini, “Caruso zero in condotta” di Francesco Nuti e “Sulla spiaggia e di là dal molo” di Giovanni Fago). In veste di giornalista ha collaborato con varie emittenti radiofoniche e televisive versiliesi e ha curato diversi uffici stampa di eventi.

https://lucaramacciotti.wordpress.com/

www.flickr.com/photos/lucaram

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